lunedì 25 febbraio 2008

...il tram non arriva (parteIII)


Ma erano passati molti secondi, minuti, ore… quel tempo la aveva vista
cambiare… Quelle parole le aveva dette a qualcuno che non esisteva
più… esteriormente… nessuna di quelle persone tanto insicure da
insultare gli altri doveva conoscere la sua insicurezza e ogni giorno
si sforzava di recitare e ogni giorno riusciva meglio nel suo intento.
E più fingeva, più parlava, più gli altri riuscivano a cogliere un
barlume del suo essere… di quello che voleva essere… Eppure qualche
volta non riusciva a nascondere la sua amarezza, la sua delusione per
l'indifferenza e ricadeva in un silenzio che la rendeva invisibile,
trasparente in mezzo a tante voci prepotenti che non dicevano nulla…
Ora cosa pensava lui? Ora che aveva potuto vedere la sua dolcezza, ora
che si era accorto della sua esistenza, ora che per qualche secondo
infinito si era perso nei suoi occhi profondi.. nulla…
Ha paura, sola in quel silenzio… il telefono suona a vuoto: immagina
il rumore a casa sua delle voci impazzite di persone che non si vedono
da tempo infinito, impazienti, incapaci di attendere che le altre si
siano spente per riempire la stanza di un brusio assordante… Nessuno
si è accorto della sua assenza… E' abbandonata nella notte… Sola
nell'infinito immenso sente di essere come morta… questa sera lei non
esiste. Sola con il telefono muto.
Il tram non arriva.
Ricorda… una sera… un lampadario di candele e i soffitti affollati di
angeli, di fiori dai colori caldi, la musica dolce, un valzer di
antica memoria, abiti magnifici di sete preziose, spiriti inquieti di
ragazzi negli abiti eleganti dei padri ed i sorrisi compiaciuti di
quelle invitate a ballare. Tutti danzavano, la faccia arrossata dal
bicchiere di vino che avevano bevuto?
Mani grandi sui fianchi rotondi, occhi negli occhi, voce spezzata..
lei guardava… dentro di sé sentiva un vuoto… così assordante che
diventava piacere, piacere di sentire dolore…
Ricorda… notte… gli occhi che brillano delle luci, dei colori, dei
sapori della festa, i corpi ancora caldi e un po' sudati per il ballo
a contatto con l'aria gelida della notte, il rumore eccitato e stanco
dei tacchi sull'asfalto ruvido… poi silenzio, massaggio delicato del
motore del pullman, buio… nessuna luce, solo quella dei lampioni che
scorrevano veloci e della luna splendente nel suo pallore d'argento e
lui… era seduto al suo fianco nelle strette poltrone… Appoggia il suo
capo delicato sul corpo morbido di lei. Un braccio attorno alle spalle
e la mano sul torace caldo che si alzava e si abbassava tranquillo…
Una curva: scivolava la testa sul suo seno e per timore che si facesse
male con la mano salvava il capo fragile… che strano era toccare quel
volto morbido…
Un' altra curva e di nuovo lo aggiustava con delicatezza, lo accarezzava.
Passava la mano fra i suoi capelli.
Appoggiava le labbra sulla sua testa profumata,
sulla fronte fredda.
Tenerlo fra le sue braccia…
Accarezzarlo…
Appoggiare la bocca dolce fra i suoi capelli, sulla sua fronte..
Accarezzargli il collo, il volto abbandonato sul suo seno, fra le sue
mani come un oggetto fragile e prezioso…
Le mani fra i capelli…
Il suo respiro silenzioso e tranquillo… Il suo corpo bellissimo,
addormentato, immobile come quello di un bambino…
Sensazione indimenticabile, di piacere mai provato prima, insperato…
mai aveva sentito così vicina una persona… era come se facesse parte
di lei, non era più sola…
Immagini e ricordi di quel calore nel freddo di questa sera…
illusione, l'illusione dei sensi che a poco a poco con lo scorrere del
tempo lento o veloce si svuota di cose, si svuota del reale, rimane
ricordo di piacere, amore e in questa sera entra a far parte del vuoto
terribile.
Piange ancora… i ricordi l'avevano distratta dal silenzio, dalla
vacuità oscura della notte ed ora in essa la riportavano…
Sbatte un portone dietro di lei… sussulta e si gira… nessuno…
Il tram non arriva… Silenzio, silenzio, silenzio assordante. I sensi
tutti attenti a cogliere il minimo rumore… il corpo teso, immobile,
irrigidito…
Il fruscio delle foglie sembra il fruscio di abiti, le ombre dei rami
scossi dal vento, ombre di malvagie presenze…
Si stringe nella giacca nera, il capo fra le ginocchia: un secondo,
due secondi, tre, quattro, cinque, un minuto… anche il tempo si
distorce, la tortura infinito… tutto diventa lentamente nebbia scura,
le luci dei lampioni, tonde aureole, si spengono…sfiancata dalla
tensione lotta contro i suoi occhi che vogliono chiudersi… Buio.. Buio
totale, poi meste rovine nell'incolta campagna di notte, nella nebbia…
scalini tortuosi e ripidi… le sue gambe non si muovono… si sforza,
scuote il resto del corpo nel tentativo di spostare quelle gambe
maledette…
<<Aspettatemi!>> urla ma non la sentono… non riescono a sentirla… non vogliono…
<<Aiuto!>>
Nessuno si volta e le loro figure scompaiono nella nebbia, non si
sentono più le loro voci… Tutto tace, immobile.
Impossibile muoversi, non escono suoni dalla sua bocca… la sua
disperazione è inutile…
Attende.

...il tram non arriva (parteII)


<< E così aveva iniziato a raccontare alla notte, a quella luna triste
e invidiosa della solitudine e dell'amore…>>>> Solitudine, amore…
Solitudine, amore… solitudine, amore e ancora si ripetono quelle
parole nella sua mente, ancora e ancora e riaffiorano i pensieri, le
emozioni tutti insieme disordinati, confusi… gioia, disgusto,
passione, dolore… Ricorda… quella infinita tristezza, quelle serate
nel buio spezzato dalle stelle brillanti, quelle serate nel vento, nel
rumore violento del mare, nel silenzio senza tempo… quelle serate di
contemplazione in cui era in compagnia eppure sentiva il peso di
un'infinita solitudine. Ricorda… quel tramonto: dall'aereo si vedevano
le nuvole trafitte e dorate dai raggi del sole e poi le case tutte
basse e bianche dell'Africa e campi marroni e macchie verdi, distese
infinite di ulivi profumati… Ricorda… le canzoni, cantate da stonati
estranei suoi amici… Ricorda… il rumore monotono del tram, al mattino
pieno di persone dagli sguardi spenti, già stanche e annoiate,
talmente abituate all'esistenza ed all'importanza di sé soli da essere
infastidite dal contatto seppur minimo o se non solo a parole con il
prossimo… Ricorda… aveva le mani fredde quella sera prima di uscire
per andare a teatro e si guardava allo specchio, nuda,il suo corpo
esuberante e morbido e le piaceva immaginare cosa un uomo avrebbe
pensato del suo seno turgido e grande, dei suoi occhi neri, delle sue
labbra rosse come il fuoco e carnose, dei suoi fianchi morbidi e
tondi, dei suoi capelli capricciosi e profumati sulle spalle belle e
si accarezzava con dolcezza e sensualità… si sentiva desiderata,
inevitabilmente da amare…
Nausea… squallore… tristezza… Era disgustata dal piacere che questi
pensieri le procuravano… si sentiva ridicola quando all'improvviso
qualcuno bussava alla porta del bagno e si svegliava dal sogno in cui
viveva. Si guardava allo specchio di nuovo… le sembrava che l'avesse
ingannata perché ora rifletteva un corpo grasso e spento… e l'odore
dei suoi capelli denso, l'odore del suo corpo, le provocava schifo più
che ebbrezza… si sentiva sporca, insozzata da quei luridi pensieri
sconosciuti, nuovi, spaventosi… Ricorda, ora, di quando, dodicenne,
sorrideva maliziosa e sfrontata, ingenua, a uomini attratti dal suo
piccolo corpo ancora un po' acerbo con un guizzo di luce leggera negli
occhi…
Ricorda… il peso di quel corpo viscido, vecchio sul suo e quella mano
fredda e umida che le toccava la schiena nuda sotto la maglietta e il
fiato pesante, ripugnante odore di banana sul viso…
Ricorda… il disgusto che sentiva per gli sguardi di uomini accecati…
intensi, eccitati, che la toccavano come mani sudice… e la
soddisfazione di essere guardata che le faceva sfuggire ogni volta un
sorriso…
Ricorda…<<Che budrione>>…budrione… budrione… avevano detto. E
guardavano con disprezzo dipinto sul volto delle ragazze morbide dagli
occhi blu come il mare ed i capelli biondi di seta… le guardavano…
Cosa pensavano quelle ragazze di quegli occhi attenti su di loro? Cosa
pensavano senza poter udire? Parole senza senso,parole sentite,
riferite… senza pensiero.. paura di rimanere soli… Cosa pensavano
allora i suoi amici di lei? Lei dai capelli neri e ispidi, lei dagli
occhi scuri… E lui? No… no… <<No>> - aveva risposto quella volta -
<<Sinceramente, potrei mai piacerti?>>
<<No>>.

...il tram non arriva (parteI)


Silenziosi e nudi giacciono i palazzi aperti verso il cielo scuro. Una
sottile nebbia avvolge la città ed un vento freddo e leggero smuove
nel silenzio le fronde degli alberi in germoglio e ruba loro qualche
delicato fiore. Nel silenzio della notte domina la luna, bianco
mistero, inquietante. Nella piazza immensa, buia, un lampione illumina
di una luce gialla, squallida una pensilina al limite della strada
alla fermata del tram e lì è seduta una ragazza, grassa e bella. Occhi
enormi, neri e gonfi di lacrime, le guance rosse e bagnate,
accarezzate da deliziosi riccioli neri. Stava rannicchiata sulla
panchina con la testa sul vetro torbido di scritte e parlava… parlava
come se fosse la narratrice di un film o la sua protagonista, parlava
per violare quel silenzio pieno di ombre vive e malvagie create dalla
sua fantasia, parlava cosciente di star recitando, cosciente di farlo
per scacciare la paura di quel vuoto. Con lo sguardo perso come un
personaggio a teatro disorientato e deluso, interpretava con voce
incrinata e tremante sé stessa come se recitasse la parte imparata a
memoria di qualche sconosciuto personaggio che aveva dovuto
comprendere, con sforzo, che non le apparteneva, che non era lei.
<<"Eccomi… sola nella notte spaventosa, dimenticata da tutti…"
pensava. Si immedesimava sempre di più nel suo personaggio: era lei il
suo personaggio, era, dunque, facile da interpretare. Era sola, sì, ma
raccontava il suo dramma, ora, ad un vasto pubblico: dietro gli
alberi, ai balconi e dietro finestre aperte quel tanto che bastava per
sentire la sua voce risuonare nella notte, si nascondevano silenziosi
ed attenti spettatori ormai curiosi di ascoltare la sua storia, la
storia di una pazza che parlava da sola nel vuoto…>> Attimo di
silenzio… soffio di vento freddo che si infila sotto la camicia
leggera… un brivido lungo la schiena… Ricomincia a parlare come se
udire la sua voce le impedisse di sentire i suoi pensieri e... il
silenzio.

sabato 23 febbraio 2008

Sere di Febbraio (parte III)


Stride la porta...
<<Grazie per il caffè, le parlerò.. arrivederci dottore, grazie.>>
<<Arrivederci Amobi>>
Passi nel corridoio, il ragazzo/ uomo guarda nella sala d'attesa,
accenna un sorriso di saluto, gli occhi un po' arrossati… esce.


<<Aspetta papà… ti accompagno… aspetta un secondo che mi devo mettere
le scarpe e la giacca… papà, ma mettiti la giacca almeno… guarda che
si gela>>
L'enorme cane nero saltellava poco aggraziato col guinzaglio in bocca
e spazzava soprammobili con la coda.
<< Inizio a uscire.>>
<<Arrivo!>>
Esce… si ferma un attimo nel cortile.. brusio di voci e qualche risata
stridula dal ristorante di fianco… odore intenso di carne sulla
griglia e del freddo… freddo improvviso sulla pelle, sulle guance
accaldate… vento leggero che la accarezza, che sfiora le foglie… luci
gialle dei lampioni. Guarda verso l'alto, il lampadario anni trenta
della signora Zolla, la signora dei cani affacciata che parla con la
madre all'altra finestra, un ragazzo niente male al terzo piano che si
fuma una sigaretta… guarda il cielo… qualche stella, qualche nuvola…
nero con sfumature arancioni… pensa ai suoi occhi, alle sue labbra
secche, delicate, timide…
Corre fuori, attraversa veloce la strada e scavalca..
<<Papà!>>.. lo raggiunge.
<<Attento al tram! Hai visto che bella serata?>>
<< Sai oggi mi ha telefonato un mio paziente tunisino..>>
<<Mh… e? Chi è?>>
<< E' un ragazzo di vent'otto anni..>>
<<Carino?>>
Sorride- <<Un bel ragazzo>>
<<Mh… Interessante..>>
<< Si è appena sposato…>>
<< Ah! Peccato! Beh, comunque, a parte gli scherzi dimmi…>>
<< L'ho visto per la prima volta un anno fa… mi è arrivato conciato
male, l'ho mandato a fare gli esami e… aveva l'aids.>>
<<Cavolo!>>
<< Doveva sposarsi a breve e aveva deciso di annullare il matrimonio…
era qui da quattro anni da solo… sai ad un certo punto… insomma alla
fine ha preso l'aids e voleva annullare il matrimonio… tu che gli
avresti detto?>>
<< Mah… penso… probabilmente… mah… penso che gli avrei detto di dire
tutto alla ragazza, almeno di provare a spiegarle la situazione… non
lo so… poi, cavolo… non so se avrei avuto il coraggio di raccontare
tutto alla ragazza al suo posto, ma che altro poteva fare d'altronde…
alla fine da solo qui, senza nemmeno la ragazza… boh… senza speranze…
terribile. Ma poi che ha fatto? Alla fine quindi si sono sposati.. non
hai detto che è sposato?>>
<< Si, infatti. Alla fine è tornato al suo paese… sai, comunque… oltre
tutto aveva anche paura di infettarla, niente figli… ma è tornato, le
ha parlato. Ora sono venuti qui in Italia e oggi mi ha telefonato per
dirmi che hanno preso l'appuntamento per l'inseminazione e… va beh
insomma per chiedermi varie robe necessarie per la visita…>>
<< Wow! Meno male… cavolo che tristezza.. però che grande lei! Alla
fine doveva amarlo davvero tanto… Aspetta, guarda che il portone è
aperto..>>
Entrano.
Lento il portone si richiude.
Luci gialle, auto in doppia fila, un tizio delle rose che tenta di
rifilarne qualcuna a quelli davanti al ristorante altezzosi e
insignificanti nelle loro pellicce, minigonne inguinali nel gelo di
una splendida sera di fine febbraio.

Sere di Febbraio (parteII)


Mi guarda, uno sguardo intenso che mi imbarazza… ma ritorna subito ai
suoi pensieri. Accavalla le gambe…torna come prima… si lascia
scivolare sulla sedia stravaccato… la signora con la giacca lavanda lo
osserva accigliata, un po' schifata, ma ritorna subito a "Chi".
Stride una porta, arriva pesante odore di incenso..
<< Arrivederci dottore, grazie… mi saluti sua moglie>>
<< Certo, grazie, buonasera e mi raccomando torni appena fa gli esami.>>
Il dottore si affaccia alla porta sorridente di un sorriso spontaneo.
Penso che mi ispira fiducia.
La signora con la giacca lavanda gracchia un saluto ammirato e i suoi
occhietti incrostati lo guardano trasognati.
<<Buongiorno Mangiapanni. Venga pure Amobi>>.
Il ragazzo/uomo accenna un sorriso stanco, si alza. Escono. La porta
stride di nuovo, l'odore di incenso lentamente si dirada.
Nel posacenere il mozzicone lascia ancora qualche traccia di fumo,
piccole schegge rosse che si stanno spegnendo fanno intravedere
residui di un passato che scompare, che diventa polvere
insignificante. Lo schermo del computer riflette la sua alba dorata,il
mare piatto, la sua quiete silenziosa sul panello di plastica che
protegge il muro. Blocchetti, penne, fogli scarabocchiati pieni di
appunti, richieste, visite, un'agenda fitta di appuntamenti,
certificati pronti e da fare.
Anche il dottore sembra stanco, le occhiaie profonde, la barba bianca
e incolta, movimenti affaticati, pesanti, lenti. Entrambi gli uomini
si siedono senza parlare, per un istante si guardano. Milioni di
secondi, migliaia di ore, di giorni, infiniti pensieri diversi…
diversi luoghi sfiorati, persone incontrate ed eccoli lì, due uomini
qualunque, stanchi, le menti erose da preoccupazioni che si accumulano
negli anni che, ormai, sembrano insostenibili… eccoli lì. Seduti agli
opposti di una scrivania in una stanza qualunque che si guardano senza
parlare e chi sa perché si sentono per un istante vicini.
<< Allora? Che mi dici?>>
Il ragazzo gli porge un plico di fogli… non c'è molto da fare, da
sapere, da scoprire di più. Poco cambia.. un piccolo miglioramento o
un lieve peggioramento… non ha importanza, la situazione non cambia
comunque.
<< Che dire, dottore? Non so cosa fare…>>
Il dottore guarda gli esami, nulla di nuovo, la situazione è stabile.
<< Ne hai parlato con la tua fidanzata?>>
<< Non so come fare, dottore, lei mi capisce? Non so come dirglielo,
io qui sono solo.. quattro anni nella miseria che tento di racimolare
dei soldi per questo matrimonio… e così… ora… non lo so… non lo so…>>
Silenzio. Rumore di macchine che corrono, gente che urla, motorini, in
realtà il silenzio non esiste nemmeno di notte lì. Il ragazzo guarda
il tavolo, cambia posizione, giocherella con una penna.
<< Non so davvero cosa fare…>>
Sembra parlare più a se stesso, continuare a cercare una soluzione che
non trova, deludere chi si ama…
<< Sa, ogni volta che tento di rivedere la sua immagine nella mia
testa, di risentire la sua voce, mi accorgo che un particolare è
scomparso, come se avessi di fronte una foto sfocata, come se qualcuno
continuasse ad abbassare il volume… Mi ricordo la sua dolcezza… i suoi
occhi intelligenti... Sa, lei è un insegnante lì in Tunisia, mi ha
insegnato lei l'italiano… non è un matrimonio combinato. L'ho
conosciuta al mercato.. era venuta a comprare della verdura… che
occhi, dottore, che bocca… l'ho accompagnata, sa… era pesante.. la
verdura intendo – sorriso ironico- e poi non lo so… poi i ricordi si
confondono, cosa venga prima, cosa dopo… non lo so… Quattro anni che
non la vedo, che la sento una volta al mese… non lo so… il matrimonio
è fissato per luglio… Ma qui, dottore, sono solo. Nessuno con cui
parlare, nessuno da abbracciare, da baciare… come ho fatto… l'aids!
Che idiota… Come faccio a dirglielo, come posso mettere su una
famiglia, fare figli… rischio di infettare anche lei… non posso più,
capisce dottore? Non posso sposarla… devo annullare, annullare il
matrimonio>>
E' strano vedere un uomo, alto, grande, scuro, un uomo che piange…
vedere la sua debolezza, la sua solitudine sbattuta in faccia.
<<Amobi, ascolta… guardami… non puoi annullare il matrimonio così, non
sei solo tu che devi decidere. E' difficile deludere le persone che si
amano, ma tu devi dire queste cose che mi hai detto alla tua ragazza.
Molla tutto ora e vai in Tunisia, parlale, occhi negli occhi e sarà
lei a decidere. Non lo puoi sapere se ti perdonerà o no. Cos'hai nella
vita? Perché sei venuto qui? Cos'hai da perdere a parlarle?>>
Silenzio…
<<Ha ragione, dottore, devo farlo… non ho niente… nessuno… tutto
questo non ha senso... Allora come vanno gli esami?>>
<<Nulla di nuovo… la situazione è stabile… Sai per avere bambini sani
potete fare la fecondazione artificiale e lo sperma viene ripulito..
la situazione dovete affrontarla insieme… Amobi… abbiamo finito, ma la
prossima volta vieni se hai parlato con la tua ragazza.. mi sono
spiegato? Guardami… Non ti vedo ancora convinto..
<<Va bene, dottore, le parlerò.>>
<< Asciugati la faccia e beviamoci un caffè.>>

Sere di Febbraio (parteI)


Sono passati solo cinque minuti.. è incredibile quanto il tempo passi
lentamente quando si aspetta in uno studio, sembra che si dilati. Una
donna mi guarda sorridente e invitante: "vuoi dei denti bianchi come i
miei?". Anche il muro la settimana scorsa era bianco, mi pare, però
lavanda non è male… in tinta con la giacca della signora qui davanti.
Pelliccetta, pelle marrone stropicciata che sembra appesa agli occhi
incrostati di mascara e contornati di un azzurro metallico. Cavolo, la
mia macchina nuova la voglio di questo colore. Sette minuti… ancora?
Non ci posso credere… L'auricolare… Mi sono sempre chiesta che senso
abbia tenersi un coso ficcato nell'orecchio ogni cavolo di minuto
della tua cavolo di giornata; poi, questo, senza fili, nemmeno te lo
puoi togliere e lasciarlo appeso al colletto della giacca. Un enorme
aggeggio grigio satinato con tocchi di nero inserito o comunque
appeso, non saprei ben dire, nell'orecchio. Aspetta, aspetta… il tizio
tutto impettito tocca l'auricolare e… veramente ridicolo.. inizia a
parlare da solo. Ma la cosa divertente è che gesticola, sorride, alza
il sopracciglio, esibisce la sua migliore faccia sorpresa e subito
dopo contrita come se davvero avesse la persona di fronte.
Stasera non ci sono tante persone, io, questi due signori e temo che
ci sia qualcuno in bagno..
Dieci minuti..
<<Buongiorno, studio medico… si certo mi dica… lucen, esapren 5mg… no
signora domani lo studio è chiuso… no non posso darle un appuntamento
per dopodomani, signora, dopodomani è domenica… per lunedì deve
chiamare lunedì mattina dalle otto alle nove… si rispondo io… no, non
posso darle ora l'appuntamento, non insista… ok arrivederci,
buongiorno>> .
Scricchiolio di una porta… passi nel corridoio. Nella sala entra un
uomo… non so, forse sarebbe meglio dire un ragazzo… sembra stanco,
teso.. il viso solcato da scure rughe profonde, lo sguardo perso nel
vuoto, pensieroso, assente. Guardo i suoi occhi neri, grandi, guardo
le sue mani ruvide, mangiate dal freddo, i pantaloni sbiaditi, la
giacca consumata. Ora che ci penso è la prima volta che vedo un uomo
chiaramente non italiano, non occidentale, non un filippino, non un
banchiere cinese qui nello studio e sì che ci vengo ogni settimana…
strano, ora che ci penso… Di dove sarà? A occhio e croce direi…
tunisino… non saprei spiegare perché, ma a prima vista te ne accorgi
se è arabo o pakistano o afgano… niente, proprio non saprei dire da
cosa anche pensandoci… è un po' l'insieme, la forma degli occhi, del
naso, la fronte alta o bassa, il viso ovale o tondo o un po'
squadrato… non so.. dico tunisino, comunque.
Continuo a guardarlo, ma lui è perso nel vuoto, non sembra
accorgersene, la signora è intenta a leggere… credo sia "Chi", molto
interessante, insomma… il tizio con l'auricolare continua a
gesticolare e a parlare d'affari…
Chi sa perché è qui? Male sul lavoro, mal di schiena… troppi pesi, chi
sa magari è un muratore, oppure, perché no, vive in una casa senza
riscaldamento e ha l'influenza… intossicazione per qualche agente
chimico in fabbrica? Ma poi chi l'ha detto che ce l'ha un lavoro… o
una casa, che fa quando si sveglia? Cosa pensa… cavolo quante
banalità… la verità è che non ne ho la più pallida idea. Clandestini
davanti alla questura, case piene di gente ammucchiata in letti che
ospitano tre cinque persone a turno, lenzuola, se ci sono, sporche…
gruppi di maschi fermi alla stazione, all'angolo di una via che mi
salutano ammiccanti che guardano il culo di quella che è passata
prima… qualcuno in un kebab… istanti scollegati, luoghi comuni o
immagini che sfuggono e… per il resto nero.. non vedo sonno, non vedo
sorrisi, non scherzi, non vedo bagni, non vedo relax davanti alla tv,
non vedo un pranzo, una cena, una colazione, non vedo i minuti, le ore
che scorrono, si susseguono lente o veloci. Una volta per strada un
tizio nero, ventinove anni mi aveva salutata. Ho sempre pensato "ma
com'è che non capiscono che non attacca?", che se mi dicono "ciao
bella" peggiorano solo la loro situazione? Mah.. comunque quel giorno
stavo cercando una via e quindi già che il tizio mi aveva salutata gli
ho chiesto dove fosse e gli ho detto per liberarmene che mi aspettava
mio padre, ma non ha funzionato e il tizio ha deciso di accompagnarmi
per la strada. Mentre mi parlava, non so bene di cosa, lo guardavo..
tentavo di immaginare cosa ci facesse lui li in quel momento, in corso
Buenos Aires, di domenica pomeriggio. Dove vivesse, cosa facesse al
mattino quando si alza, che lavoro e… niente. Anche le possibili
banalità che si dicono di solito, che ti propinano alla televisione,
che senti dai vecchietti razzisti del quarto piano, dai volontari
fanatici, dalle signore di mezza età scomparivano davanti a quella
persona reale, con i suoi occhi vivi, i capelli rasati, la giacca
verde… niente, nero, vuoto totale. Allora ho cominciato a fargli
domande, dove vivesse, la giornata tipica, da dove venisse e mi
rendevo anche conto che tentava di capire perché gli facessi quelle
domande e nascondeva dei particolari, si contraddiceva… beh, in
effetti ora che ci penso stava tentando un approccio… naturale che
certi particolari si vogliano nascondere… chi cavolo lo sa cosa pensa
e cosa vuole una donna.

mercoledì 20 febbraio 2008

Incomprensibile

Oh no
Here comes that sun again
That means another day
Without you my friend

And it hurts me
To look into the mirror at myself
And it hurts even more
To have to be with somebody else
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away

With so many people
To love in my life
Why do I worry
About one

But you put the happy
In my ness
You put the good times
Into my fun
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away
And head for the door

We've tried the goodbye
So many days
We walk in the same direction
So that we could never stray
They say if you love somebody
Than you have got to set them free
But I would rather be locked to you
Than live in this pain and misery

They say time will
Make all this go away
But it's time that has taken my tomorrows
And turned them into yesterdays
And once again that rising sun
Is droppin' on down
And once again you my friend
Are nowhere to be found
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away
And head for the door
You just walk away
Walk away
Ben Harper- "Walk Away"