sabato 23 febbraio 2008

Sere di Febbraio (parteI)


Sono passati solo cinque minuti.. è incredibile quanto il tempo passi
lentamente quando si aspetta in uno studio, sembra che si dilati. Una
donna mi guarda sorridente e invitante: "vuoi dei denti bianchi come i
miei?". Anche il muro la settimana scorsa era bianco, mi pare, però
lavanda non è male… in tinta con la giacca della signora qui davanti.
Pelliccetta, pelle marrone stropicciata che sembra appesa agli occhi
incrostati di mascara e contornati di un azzurro metallico. Cavolo, la
mia macchina nuova la voglio di questo colore. Sette minuti… ancora?
Non ci posso credere… L'auricolare… Mi sono sempre chiesta che senso
abbia tenersi un coso ficcato nell'orecchio ogni cavolo di minuto
della tua cavolo di giornata; poi, questo, senza fili, nemmeno te lo
puoi togliere e lasciarlo appeso al colletto della giacca. Un enorme
aggeggio grigio satinato con tocchi di nero inserito o comunque
appeso, non saprei ben dire, nell'orecchio. Aspetta, aspetta… il tizio
tutto impettito tocca l'auricolare e… veramente ridicolo.. inizia a
parlare da solo. Ma la cosa divertente è che gesticola, sorride, alza
il sopracciglio, esibisce la sua migliore faccia sorpresa e subito
dopo contrita come se davvero avesse la persona di fronte.
Stasera non ci sono tante persone, io, questi due signori e temo che
ci sia qualcuno in bagno..
Dieci minuti..
<<Buongiorno, studio medico… si certo mi dica… lucen, esapren 5mg… no
signora domani lo studio è chiuso… no non posso darle un appuntamento
per dopodomani, signora, dopodomani è domenica… per lunedì deve
chiamare lunedì mattina dalle otto alle nove… si rispondo io… no, non
posso darle ora l'appuntamento, non insista… ok arrivederci,
buongiorno>> .
Scricchiolio di una porta… passi nel corridoio. Nella sala entra un
uomo… non so, forse sarebbe meglio dire un ragazzo… sembra stanco,
teso.. il viso solcato da scure rughe profonde, lo sguardo perso nel
vuoto, pensieroso, assente. Guardo i suoi occhi neri, grandi, guardo
le sue mani ruvide, mangiate dal freddo, i pantaloni sbiaditi, la
giacca consumata. Ora che ci penso è la prima volta che vedo un uomo
chiaramente non italiano, non occidentale, non un filippino, non un
banchiere cinese qui nello studio e sì che ci vengo ogni settimana…
strano, ora che ci penso… Di dove sarà? A occhio e croce direi…
tunisino… non saprei spiegare perché, ma a prima vista te ne accorgi
se è arabo o pakistano o afgano… niente, proprio non saprei dire da
cosa anche pensandoci… è un po' l'insieme, la forma degli occhi, del
naso, la fronte alta o bassa, il viso ovale o tondo o un po'
squadrato… non so.. dico tunisino, comunque.
Continuo a guardarlo, ma lui è perso nel vuoto, non sembra
accorgersene, la signora è intenta a leggere… credo sia "Chi", molto
interessante, insomma… il tizio con l'auricolare continua a
gesticolare e a parlare d'affari…
Chi sa perché è qui? Male sul lavoro, mal di schiena… troppi pesi, chi
sa magari è un muratore, oppure, perché no, vive in una casa senza
riscaldamento e ha l'influenza… intossicazione per qualche agente
chimico in fabbrica? Ma poi chi l'ha detto che ce l'ha un lavoro… o
una casa, che fa quando si sveglia? Cosa pensa… cavolo quante
banalità… la verità è che non ne ho la più pallida idea. Clandestini
davanti alla questura, case piene di gente ammucchiata in letti che
ospitano tre cinque persone a turno, lenzuola, se ci sono, sporche…
gruppi di maschi fermi alla stazione, all'angolo di una via che mi
salutano ammiccanti che guardano il culo di quella che è passata
prima… qualcuno in un kebab… istanti scollegati, luoghi comuni o
immagini che sfuggono e… per il resto nero.. non vedo sonno, non vedo
sorrisi, non scherzi, non vedo bagni, non vedo relax davanti alla tv,
non vedo un pranzo, una cena, una colazione, non vedo i minuti, le ore
che scorrono, si susseguono lente o veloci. Una volta per strada un
tizio nero, ventinove anni mi aveva salutata. Ho sempre pensato "ma
com'è che non capiscono che non attacca?", che se mi dicono "ciao
bella" peggiorano solo la loro situazione? Mah.. comunque quel giorno
stavo cercando una via e quindi già che il tizio mi aveva salutata gli
ho chiesto dove fosse e gli ho detto per liberarmene che mi aspettava
mio padre, ma non ha funzionato e il tizio ha deciso di accompagnarmi
per la strada. Mentre mi parlava, non so bene di cosa, lo guardavo..
tentavo di immaginare cosa ci facesse lui li in quel momento, in corso
Buenos Aires, di domenica pomeriggio. Dove vivesse, cosa facesse al
mattino quando si alza, che lavoro e… niente. Anche le possibili
banalità che si dicono di solito, che ti propinano alla televisione,
che senti dai vecchietti razzisti del quarto piano, dai volontari
fanatici, dalle signore di mezza età scomparivano davanti a quella
persona reale, con i suoi occhi vivi, i capelli rasati, la giacca
verde… niente, nero, vuoto totale. Allora ho cominciato a fargli
domande, dove vivesse, la giornata tipica, da dove venisse e mi
rendevo anche conto che tentava di capire perché gli facessi quelle
domande e nascondeva dei particolari, si contraddiceva… beh, in
effetti ora che ci penso stava tentando un approccio… naturale che
certi particolari si vogliano nascondere… chi cavolo lo sa cosa pensa
e cosa vuole una donna.

Nessun commento: