giovedì 28 agosto 2008

Futuro e Presente - pioggia battente che si trasforma in luce


"Scordi il futuro ti lascerai sfuggire il presente. […] Occorre vivere
con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello né piacevole
né allegro. E ripetersi che ciò che conta è adesso: costruire, ora,
qualcosa, a ogni costo, con tutte le nostre forze. Avere sempre in
testa la casa di riposo per superarsi continuamente e rendere ogni
giorno imperituro. Scalare passo dopo passo il proprio Everest
personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di
eternità. Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con
veri progetti di vita." Questo è il futuro, inseparabile dal presente
Alla caduta di un bocciolo di rosa sun un tavolo di mattina nella casa
in silenzio. "Il bello è ciò che cogliamo mentre sta passando. E'
l'effimera configurazione delle cose nel momento in cui ne vedi
insieme la bellezza e la morte. Ahi Ahi Ahi, ho pensato, questo
significa che è così che dobbiamo vivere? Sempre in equilibrio tra la
bellezza e la morte, tra il movimento e la sua scomparsa? Forse essere
vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono."
Questo è vivere il presente, la continua ricerca del "sempre nel mai".

A tutti coloro che mi rispondono "ma bisogna pensare anche al
presente" oppure "bisogna pensare al futuro", eccovi quello che
intendo per giusta via di mezzo e che non sono mai riuscita a
spiegarvi. Lascio questo arduo compito alle parole sublimi ed
incredibilmente giuste di Muriel Barbery (naturalmente con un pizzico
di invidia).

mercoledì 6 agosto 2008

Prigione


Sempre più spesso mi capita di sentirmi come in prigione. Badate bene
questo non è un post negativo, senza speranze o che altro è solo la
descrizione di questa situazione. Quello che intendo è che mi sento
come di vivere in un mondo finto, come quando ti trovi in una stanza e
tutti continuano a parlare e tu non riesci a prendere la parola e a
dire quello che pensi anche se probabilmente, se ti ascoltassero, la
situazione sarebbe risolta. Mi sento stretta, in un mondo di
sovrastruttura costruito su cose che non hanno nessuna importanza.
Vedo intorno a me persone che non fanno altro che seguire
ostinatamente obiettivi totalmente privi di significato senza capire
più nulla del resto, litigare per cose che non sono altro che forma.
Vedo persone umiliare per guadagnarsi un posto inessenziale se non
dannoso! "Ecco il nostro progetto per il prossimo semestre: a pranzo
mangiamo una volta lo yogurt, una volta l'insalata e il primo giovedì
del mese andiamo a farci una lampada e magari saremo pronte per la
prova costume!". Oppure: "Ma tu cosa ti metti sabato sera alla festa
della Cisca??? No perché io mi sono comprata un top troppo da zoccola
e le calze a rete, wow sono trooooppo eccitata per la festa gangs e
pin up!" Non voglio essere noiosa o sfociare nella banalità, ma questi
sono i discorsi di cui mi ritrovo circondata ogni giorno in un
ambiente che, potrete sicuramente capirmi, mi sta soffocando! Ma la
cosa terribile è che non so da dove cominciare per uscirne, ogni nuovo
progetto sembra irrealizzabile e non riesco mai a trovare compagni
disposti a lanciarsi in una cosa che si sicuro costa molta più fatica
che farsi una lampada o organizzare una cenetta per spettegolare delle
cazzate che ti sono capitate durante la settimana, il mese cioè nulla!
Ora non mi fraintendete non intendo dire che non bisognerebbe più fare
questo tipo di cene perché sono anche divertenti se fatte in un
insieme di cose interessanti, in una vita piena, attiva e non intendo
solo di libri di studio! Mi è capitato di recente di fare
un'esperienza nuova, diversa dalle solite all'estero, di leggere un
libro che mi ha aperto gli occhi e di vedere un film che mi ha fato
pensare che basta, qui non ci posso più stare, non in questo modo
almeno! Ma questo è un post solo introduttivo di una piccola serie di
quattro post che vi faranno capire il mio percorso, poi vi spiegherò
il mio progetto e questa volta lo faccio sul serio e se qualcuno di
voi vorrà, penserà di essere nella mia stessa situazione(se qualcuno
leggerà mai questi post e si troverà d'accordo) me lo dica che
l'unione fa sempre la forza!

martedì 10 giugno 2008

Boh


Capita di sentirsi nulla, di leggere, guardarsi intorno e di non tovare traccia di sè e di vedere solo buio, sempre meno prospettive, nessuna soluzione... magari è solo un momento di pessimismo o magari è uno spiraglio di verità che di solito non si vuole vedere.

mercoledì 23 aprile 2008

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Solita finestra... giorni, mesi dall'ultima volta che ho scritto. Pensieri, fatti, momenti mai pensati prima, mai visti, mai sentiti. E' come se avessi aperto un libro magico di una storia diversa dalla mia e mi avesse risucchiata senza lasciami il tempo di riflettere. Vago per questo nuovo mondo e piano inizio ad orientarmi. Finalmente ora imparo a scrivere ed eccomi qui di nuovo, non mi sono dimenticata. Sento il calore di una mano nel gelo, è ruvida, le unghie mangiate, piccole. Vedo dolci spicchi di luna ed è impossibile non guardarli per un tempo infinito. Immagino gocce leggere di pioggia che li sfiorano e cadono su noi altri mortali come fossero lacrime di miele. Voglio toccare le stelle, voglio prenderle, tenerle con me, voglio catturare l'acqua che scorre, voglio che il tempo si fermi mentre il vento leggero muove le foglie, mentre sento le tue mani, le tue labbra fresche, guardo nei tuoi occhi dolcissimi. Tutte queste parole sono nulla... tutto questo è inesprimibile come la musica. E' inutile continuare ad aggiungere lettere su lettere inutili. Servirebbero solo due cortissime paroline...

lunedì 25 febbraio 2008

...il tram non arriva (parteIII)


Ma erano passati molti secondi, minuti, ore… quel tempo la aveva vista
cambiare… Quelle parole le aveva dette a qualcuno che non esisteva
più… esteriormente… nessuna di quelle persone tanto insicure da
insultare gli altri doveva conoscere la sua insicurezza e ogni giorno
si sforzava di recitare e ogni giorno riusciva meglio nel suo intento.
E più fingeva, più parlava, più gli altri riuscivano a cogliere un
barlume del suo essere… di quello che voleva essere… Eppure qualche
volta non riusciva a nascondere la sua amarezza, la sua delusione per
l'indifferenza e ricadeva in un silenzio che la rendeva invisibile,
trasparente in mezzo a tante voci prepotenti che non dicevano nulla…
Ora cosa pensava lui? Ora che aveva potuto vedere la sua dolcezza, ora
che si era accorto della sua esistenza, ora che per qualche secondo
infinito si era perso nei suoi occhi profondi.. nulla…
Ha paura, sola in quel silenzio… il telefono suona a vuoto: immagina
il rumore a casa sua delle voci impazzite di persone che non si vedono
da tempo infinito, impazienti, incapaci di attendere che le altre si
siano spente per riempire la stanza di un brusio assordante… Nessuno
si è accorto della sua assenza… E' abbandonata nella notte… Sola
nell'infinito immenso sente di essere come morta… questa sera lei non
esiste. Sola con il telefono muto.
Il tram non arriva.
Ricorda… una sera… un lampadario di candele e i soffitti affollati di
angeli, di fiori dai colori caldi, la musica dolce, un valzer di
antica memoria, abiti magnifici di sete preziose, spiriti inquieti di
ragazzi negli abiti eleganti dei padri ed i sorrisi compiaciuti di
quelle invitate a ballare. Tutti danzavano, la faccia arrossata dal
bicchiere di vino che avevano bevuto?
Mani grandi sui fianchi rotondi, occhi negli occhi, voce spezzata..
lei guardava… dentro di sé sentiva un vuoto… così assordante che
diventava piacere, piacere di sentire dolore…
Ricorda… notte… gli occhi che brillano delle luci, dei colori, dei
sapori della festa, i corpi ancora caldi e un po' sudati per il ballo
a contatto con l'aria gelida della notte, il rumore eccitato e stanco
dei tacchi sull'asfalto ruvido… poi silenzio, massaggio delicato del
motore del pullman, buio… nessuna luce, solo quella dei lampioni che
scorrevano veloci e della luna splendente nel suo pallore d'argento e
lui… era seduto al suo fianco nelle strette poltrone… Appoggia il suo
capo delicato sul corpo morbido di lei. Un braccio attorno alle spalle
e la mano sul torace caldo che si alzava e si abbassava tranquillo…
Una curva: scivolava la testa sul suo seno e per timore che si facesse
male con la mano salvava il capo fragile… che strano era toccare quel
volto morbido…
Un' altra curva e di nuovo lo aggiustava con delicatezza, lo accarezzava.
Passava la mano fra i suoi capelli.
Appoggiava le labbra sulla sua testa profumata,
sulla fronte fredda.
Tenerlo fra le sue braccia…
Accarezzarlo…
Appoggiare la bocca dolce fra i suoi capelli, sulla sua fronte..
Accarezzargli il collo, il volto abbandonato sul suo seno, fra le sue
mani come un oggetto fragile e prezioso…
Le mani fra i capelli…
Il suo respiro silenzioso e tranquillo… Il suo corpo bellissimo,
addormentato, immobile come quello di un bambino…
Sensazione indimenticabile, di piacere mai provato prima, insperato…
mai aveva sentito così vicina una persona… era come se facesse parte
di lei, non era più sola…
Immagini e ricordi di quel calore nel freddo di questa sera…
illusione, l'illusione dei sensi che a poco a poco con lo scorrere del
tempo lento o veloce si svuota di cose, si svuota del reale, rimane
ricordo di piacere, amore e in questa sera entra a far parte del vuoto
terribile.
Piange ancora… i ricordi l'avevano distratta dal silenzio, dalla
vacuità oscura della notte ed ora in essa la riportavano…
Sbatte un portone dietro di lei… sussulta e si gira… nessuno…
Il tram non arriva… Silenzio, silenzio, silenzio assordante. I sensi
tutti attenti a cogliere il minimo rumore… il corpo teso, immobile,
irrigidito…
Il fruscio delle foglie sembra il fruscio di abiti, le ombre dei rami
scossi dal vento, ombre di malvagie presenze…
Si stringe nella giacca nera, il capo fra le ginocchia: un secondo,
due secondi, tre, quattro, cinque, un minuto… anche il tempo si
distorce, la tortura infinito… tutto diventa lentamente nebbia scura,
le luci dei lampioni, tonde aureole, si spengono…sfiancata dalla
tensione lotta contro i suoi occhi che vogliono chiudersi… Buio.. Buio
totale, poi meste rovine nell'incolta campagna di notte, nella nebbia…
scalini tortuosi e ripidi… le sue gambe non si muovono… si sforza,
scuote il resto del corpo nel tentativo di spostare quelle gambe
maledette…
<<Aspettatemi!>> urla ma non la sentono… non riescono a sentirla… non vogliono…
<<Aiuto!>>
Nessuno si volta e le loro figure scompaiono nella nebbia, non si
sentono più le loro voci… Tutto tace, immobile.
Impossibile muoversi, non escono suoni dalla sua bocca… la sua
disperazione è inutile…
Attende.

...il tram non arriva (parteII)


<< E così aveva iniziato a raccontare alla notte, a quella luna triste
e invidiosa della solitudine e dell'amore…>>>> Solitudine, amore…
Solitudine, amore… solitudine, amore e ancora si ripetono quelle
parole nella sua mente, ancora e ancora e riaffiorano i pensieri, le
emozioni tutti insieme disordinati, confusi… gioia, disgusto,
passione, dolore… Ricorda… quella infinita tristezza, quelle serate
nel buio spezzato dalle stelle brillanti, quelle serate nel vento, nel
rumore violento del mare, nel silenzio senza tempo… quelle serate di
contemplazione in cui era in compagnia eppure sentiva il peso di
un'infinita solitudine. Ricorda… quel tramonto: dall'aereo si vedevano
le nuvole trafitte e dorate dai raggi del sole e poi le case tutte
basse e bianche dell'Africa e campi marroni e macchie verdi, distese
infinite di ulivi profumati… Ricorda… le canzoni, cantate da stonati
estranei suoi amici… Ricorda… il rumore monotono del tram, al mattino
pieno di persone dagli sguardi spenti, già stanche e annoiate,
talmente abituate all'esistenza ed all'importanza di sé soli da essere
infastidite dal contatto seppur minimo o se non solo a parole con il
prossimo… Ricorda… aveva le mani fredde quella sera prima di uscire
per andare a teatro e si guardava allo specchio, nuda,il suo corpo
esuberante e morbido e le piaceva immaginare cosa un uomo avrebbe
pensato del suo seno turgido e grande, dei suoi occhi neri, delle sue
labbra rosse come il fuoco e carnose, dei suoi fianchi morbidi e
tondi, dei suoi capelli capricciosi e profumati sulle spalle belle e
si accarezzava con dolcezza e sensualità… si sentiva desiderata,
inevitabilmente da amare…
Nausea… squallore… tristezza… Era disgustata dal piacere che questi
pensieri le procuravano… si sentiva ridicola quando all'improvviso
qualcuno bussava alla porta del bagno e si svegliava dal sogno in cui
viveva. Si guardava allo specchio di nuovo… le sembrava che l'avesse
ingannata perché ora rifletteva un corpo grasso e spento… e l'odore
dei suoi capelli denso, l'odore del suo corpo, le provocava schifo più
che ebbrezza… si sentiva sporca, insozzata da quei luridi pensieri
sconosciuti, nuovi, spaventosi… Ricorda, ora, di quando, dodicenne,
sorrideva maliziosa e sfrontata, ingenua, a uomini attratti dal suo
piccolo corpo ancora un po' acerbo con un guizzo di luce leggera negli
occhi…
Ricorda… il peso di quel corpo viscido, vecchio sul suo e quella mano
fredda e umida che le toccava la schiena nuda sotto la maglietta e il
fiato pesante, ripugnante odore di banana sul viso…
Ricorda… il disgusto che sentiva per gli sguardi di uomini accecati…
intensi, eccitati, che la toccavano come mani sudice… e la
soddisfazione di essere guardata che le faceva sfuggire ogni volta un
sorriso…
Ricorda…<<Che budrione>>…budrione… budrione… avevano detto. E
guardavano con disprezzo dipinto sul volto delle ragazze morbide dagli
occhi blu come il mare ed i capelli biondi di seta… le guardavano…
Cosa pensavano quelle ragazze di quegli occhi attenti su di loro? Cosa
pensavano senza poter udire? Parole senza senso,parole sentite,
riferite… senza pensiero.. paura di rimanere soli… Cosa pensavano
allora i suoi amici di lei? Lei dai capelli neri e ispidi, lei dagli
occhi scuri… E lui? No… no… <<No>> - aveva risposto quella volta -
<<Sinceramente, potrei mai piacerti?>>
<<No>>.

...il tram non arriva (parteI)


Silenziosi e nudi giacciono i palazzi aperti verso il cielo scuro. Una
sottile nebbia avvolge la città ed un vento freddo e leggero smuove
nel silenzio le fronde degli alberi in germoglio e ruba loro qualche
delicato fiore. Nel silenzio della notte domina la luna, bianco
mistero, inquietante. Nella piazza immensa, buia, un lampione illumina
di una luce gialla, squallida una pensilina al limite della strada
alla fermata del tram e lì è seduta una ragazza, grassa e bella. Occhi
enormi, neri e gonfi di lacrime, le guance rosse e bagnate,
accarezzate da deliziosi riccioli neri. Stava rannicchiata sulla
panchina con la testa sul vetro torbido di scritte e parlava… parlava
come se fosse la narratrice di un film o la sua protagonista, parlava
per violare quel silenzio pieno di ombre vive e malvagie create dalla
sua fantasia, parlava cosciente di star recitando, cosciente di farlo
per scacciare la paura di quel vuoto. Con lo sguardo perso come un
personaggio a teatro disorientato e deluso, interpretava con voce
incrinata e tremante sé stessa come se recitasse la parte imparata a
memoria di qualche sconosciuto personaggio che aveva dovuto
comprendere, con sforzo, che non le apparteneva, che non era lei.
<<"Eccomi… sola nella notte spaventosa, dimenticata da tutti…"
pensava. Si immedesimava sempre di più nel suo personaggio: era lei il
suo personaggio, era, dunque, facile da interpretare. Era sola, sì, ma
raccontava il suo dramma, ora, ad un vasto pubblico: dietro gli
alberi, ai balconi e dietro finestre aperte quel tanto che bastava per
sentire la sua voce risuonare nella notte, si nascondevano silenziosi
ed attenti spettatori ormai curiosi di ascoltare la sua storia, la
storia di una pazza che parlava da sola nel vuoto…>> Attimo di
silenzio… soffio di vento freddo che si infila sotto la camicia
leggera… un brivido lungo la schiena… Ricomincia a parlare come se
udire la sua voce le impedisse di sentire i suoi pensieri e... il
silenzio.

sabato 23 febbraio 2008

Sere di Febbraio (parte III)


Stride la porta...
<<Grazie per il caffè, le parlerò.. arrivederci dottore, grazie.>>
<<Arrivederci Amobi>>
Passi nel corridoio, il ragazzo/ uomo guarda nella sala d'attesa,
accenna un sorriso di saluto, gli occhi un po' arrossati… esce.


<<Aspetta papà… ti accompagno… aspetta un secondo che mi devo mettere
le scarpe e la giacca… papà, ma mettiti la giacca almeno… guarda che
si gela>>
L'enorme cane nero saltellava poco aggraziato col guinzaglio in bocca
e spazzava soprammobili con la coda.
<< Inizio a uscire.>>
<<Arrivo!>>
Esce… si ferma un attimo nel cortile.. brusio di voci e qualche risata
stridula dal ristorante di fianco… odore intenso di carne sulla
griglia e del freddo… freddo improvviso sulla pelle, sulle guance
accaldate… vento leggero che la accarezza, che sfiora le foglie… luci
gialle dei lampioni. Guarda verso l'alto, il lampadario anni trenta
della signora Zolla, la signora dei cani affacciata che parla con la
madre all'altra finestra, un ragazzo niente male al terzo piano che si
fuma una sigaretta… guarda il cielo… qualche stella, qualche nuvola…
nero con sfumature arancioni… pensa ai suoi occhi, alle sue labbra
secche, delicate, timide…
Corre fuori, attraversa veloce la strada e scavalca..
<<Papà!>>.. lo raggiunge.
<<Attento al tram! Hai visto che bella serata?>>
<< Sai oggi mi ha telefonato un mio paziente tunisino..>>
<<Mh… e? Chi è?>>
<< E' un ragazzo di vent'otto anni..>>
<<Carino?>>
Sorride- <<Un bel ragazzo>>
<<Mh… Interessante..>>
<< Si è appena sposato…>>
<< Ah! Peccato! Beh, comunque, a parte gli scherzi dimmi…>>
<< L'ho visto per la prima volta un anno fa… mi è arrivato conciato
male, l'ho mandato a fare gli esami e… aveva l'aids.>>
<<Cavolo!>>
<< Doveva sposarsi a breve e aveva deciso di annullare il matrimonio…
era qui da quattro anni da solo… sai ad un certo punto… insomma alla
fine ha preso l'aids e voleva annullare il matrimonio… tu che gli
avresti detto?>>
<< Mah… penso… probabilmente… mah… penso che gli avrei detto di dire
tutto alla ragazza, almeno di provare a spiegarle la situazione… non
lo so… poi, cavolo… non so se avrei avuto il coraggio di raccontare
tutto alla ragazza al suo posto, ma che altro poteva fare d'altronde…
alla fine da solo qui, senza nemmeno la ragazza… boh… senza speranze…
terribile. Ma poi che ha fatto? Alla fine quindi si sono sposati.. non
hai detto che è sposato?>>
<< Si, infatti. Alla fine è tornato al suo paese… sai, comunque… oltre
tutto aveva anche paura di infettarla, niente figli… ma è tornato, le
ha parlato. Ora sono venuti qui in Italia e oggi mi ha telefonato per
dirmi che hanno preso l'appuntamento per l'inseminazione e… va beh
insomma per chiedermi varie robe necessarie per la visita…>>
<< Wow! Meno male… cavolo che tristezza.. però che grande lei! Alla
fine doveva amarlo davvero tanto… Aspetta, guarda che il portone è
aperto..>>
Entrano.
Lento il portone si richiude.
Luci gialle, auto in doppia fila, un tizio delle rose che tenta di
rifilarne qualcuna a quelli davanti al ristorante altezzosi e
insignificanti nelle loro pellicce, minigonne inguinali nel gelo di
una splendida sera di fine febbraio.

Sere di Febbraio (parteII)


Mi guarda, uno sguardo intenso che mi imbarazza… ma ritorna subito ai
suoi pensieri. Accavalla le gambe…torna come prima… si lascia
scivolare sulla sedia stravaccato… la signora con la giacca lavanda lo
osserva accigliata, un po' schifata, ma ritorna subito a "Chi".
Stride una porta, arriva pesante odore di incenso..
<< Arrivederci dottore, grazie… mi saluti sua moglie>>
<< Certo, grazie, buonasera e mi raccomando torni appena fa gli esami.>>
Il dottore si affaccia alla porta sorridente di un sorriso spontaneo.
Penso che mi ispira fiducia.
La signora con la giacca lavanda gracchia un saluto ammirato e i suoi
occhietti incrostati lo guardano trasognati.
<<Buongiorno Mangiapanni. Venga pure Amobi>>.
Il ragazzo/uomo accenna un sorriso stanco, si alza. Escono. La porta
stride di nuovo, l'odore di incenso lentamente si dirada.
Nel posacenere il mozzicone lascia ancora qualche traccia di fumo,
piccole schegge rosse che si stanno spegnendo fanno intravedere
residui di un passato che scompare, che diventa polvere
insignificante. Lo schermo del computer riflette la sua alba dorata,il
mare piatto, la sua quiete silenziosa sul panello di plastica che
protegge il muro. Blocchetti, penne, fogli scarabocchiati pieni di
appunti, richieste, visite, un'agenda fitta di appuntamenti,
certificati pronti e da fare.
Anche il dottore sembra stanco, le occhiaie profonde, la barba bianca
e incolta, movimenti affaticati, pesanti, lenti. Entrambi gli uomini
si siedono senza parlare, per un istante si guardano. Milioni di
secondi, migliaia di ore, di giorni, infiniti pensieri diversi…
diversi luoghi sfiorati, persone incontrate ed eccoli lì, due uomini
qualunque, stanchi, le menti erose da preoccupazioni che si accumulano
negli anni che, ormai, sembrano insostenibili… eccoli lì. Seduti agli
opposti di una scrivania in una stanza qualunque che si guardano senza
parlare e chi sa perché si sentono per un istante vicini.
<< Allora? Che mi dici?>>
Il ragazzo gli porge un plico di fogli… non c'è molto da fare, da
sapere, da scoprire di più. Poco cambia.. un piccolo miglioramento o
un lieve peggioramento… non ha importanza, la situazione non cambia
comunque.
<< Che dire, dottore? Non so cosa fare…>>
Il dottore guarda gli esami, nulla di nuovo, la situazione è stabile.
<< Ne hai parlato con la tua fidanzata?>>
<< Non so come fare, dottore, lei mi capisce? Non so come dirglielo,
io qui sono solo.. quattro anni nella miseria che tento di racimolare
dei soldi per questo matrimonio… e così… ora… non lo so… non lo so…>>
Silenzio. Rumore di macchine che corrono, gente che urla, motorini, in
realtà il silenzio non esiste nemmeno di notte lì. Il ragazzo guarda
il tavolo, cambia posizione, giocherella con una penna.
<< Non so davvero cosa fare…>>
Sembra parlare più a se stesso, continuare a cercare una soluzione che
non trova, deludere chi si ama…
<< Sa, ogni volta che tento di rivedere la sua immagine nella mia
testa, di risentire la sua voce, mi accorgo che un particolare è
scomparso, come se avessi di fronte una foto sfocata, come se qualcuno
continuasse ad abbassare il volume… Mi ricordo la sua dolcezza… i suoi
occhi intelligenti... Sa, lei è un insegnante lì in Tunisia, mi ha
insegnato lei l'italiano… non è un matrimonio combinato. L'ho
conosciuta al mercato.. era venuta a comprare della verdura… che
occhi, dottore, che bocca… l'ho accompagnata, sa… era pesante.. la
verdura intendo – sorriso ironico- e poi non lo so… poi i ricordi si
confondono, cosa venga prima, cosa dopo… non lo so… Quattro anni che
non la vedo, che la sento una volta al mese… non lo so… il matrimonio
è fissato per luglio… Ma qui, dottore, sono solo. Nessuno con cui
parlare, nessuno da abbracciare, da baciare… come ho fatto… l'aids!
Che idiota… Come faccio a dirglielo, come posso mettere su una
famiglia, fare figli… rischio di infettare anche lei… non posso più,
capisce dottore? Non posso sposarla… devo annullare, annullare il
matrimonio>>
E' strano vedere un uomo, alto, grande, scuro, un uomo che piange…
vedere la sua debolezza, la sua solitudine sbattuta in faccia.
<<Amobi, ascolta… guardami… non puoi annullare il matrimonio così, non
sei solo tu che devi decidere. E' difficile deludere le persone che si
amano, ma tu devi dire queste cose che mi hai detto alla tua ragazza.
Molla tutto ora e vai in Tunisia, parlale, occhi negli occhi e sarà
lei a decidere. Non lo puoi sapere se ti perdonerà o no. Cos'hai nella
vita? Perché sei venuto qui? Cos'hai da perdere a parlarle?>>
Silenzio…
<<Ha ragione, dottore, devo farlo… non ho niente… nessuno… tutto
questo non ha senso... Allora come vanno gli esami?>>
<<Nulla di nuovo… la situazione è stabile… Sai per avere bambini sani
potete fare la fecondazione artificiale e lo sperma viene ripulito..
la situazione dovete affrontarla insieme… Amobi… abbiamo finito, ma la
prossima volta vieni se hai parlato con la tua ragazza.. mi sono
spiegato? Guardami… Non ti vedo ancora convinto..
<<Va bene, dottore, le parlerò.>>
<< Asciugati la faccia e beviamoci un caffè.>>

Sere di Febbraio (parteI)


Sono passati solo cinque minuti.. è incredibile quanto il tempo passi
lentamente quando si aspetta in uno studio, sembra che si dilati. Una
donna mi guarda sorridente e invitante: "vuoi dei denti bianchi come i
miei?". Anche il muro la settimana scorsa era bianco, mi pare, però
lavanda non è male… in tinta con la giacca della signora qui davanti.
Pelliccetta, pelle marrone stropicciata che sembra appesa agli occhi
incrostati di mascara e contornati di un azzurro metallico. Cavolo, la
mia macchina nuova la voglio di questo colore. Sette minuti… ancora?
Non ci posso credere… L'auricolare… Mi sono sempre chiesta che senso
abbia tenersi un coso ficcato nell'orecchio ogni cavolo di minuto
della tua cavolo di giornata; poi, questo, senza fili, nemmeno te lo
puoi togliere e lasciarlo appeso al colletto della giacca. Un enorme
aggeggio grigio satinato con tocchi di nero inserito o comunque
appeso, non saprei ben dire, nell'orecchio. Aspetta, aspetta… il tizio
tutto impettito tocca l'auricolare e… veramente ridicolo.. inizia a
parlare da solo. Ma la cosa divertente è che gesticola, sorride, alza
il sopracciglio, esibisce la sua migliore faccia sorpresa e subito
dopo contrita come se davvero avesse la persona di fronte.
Stasera non ci sono tante persone, io, questi due signori e temo che
ci sia qualcuno in bagno..
Dieci minuti..
<<Buongiorno, studio medico… si certo mi dica… lucen, esapren 5mg… no
signora domani lo studio è chiuso… no non posso darle un appuntamento
per dopodomani, signora, dopodomani è domenica… per lunedì deve
chiamare lunedì mattina dalle otto alle nove… si rispondo io… no, non
posso darle ora l'appuntamento, non insista… ok arrivederci,
buongiorno>> .
Scricchiolio di una porta… passi nel corridoio. Nella sala entra un
uomo… non so, forse sarebbe meglio dire un ragazzo… sembra stanco,
teso.. il viso solcato da scure rughe profonde, lo sguardo perso nel
vuoto, pensieroso, assente. Guardo i suoi occhi neri, grandi, guardo
le sue mani ruvide, mangiate dal freddo, i pantaloni sbiaditi, la
giacca consumata. Ora che ci penso è la prima volta che vedo un uomo
chiaramente non italiano, non occidentale, non un filippino, non un
banchiere cinese qui nello studio e sì che ci vengo ogni settimana…
strano, ora che ci penso… Di dove sarà? A occhio e croce direi…
tunisino… non saprei spiegare perché, ma a prima vista te ne accorgi
se è arabo o pakistano o afgano… niente, proprio non saprei dire da
cosa anche pensandoci… è un po' l'insieme, la forma degli occhi, del
naso, la fronte alta o bassa, il viso ovale o tondo o un po'
squadrato… non so.. dico tunisino, comunque.
Continuo a guardarlo, ma lui è perso nel vuoto, non sembra
accorgersene, la signora è intenta a leggere… credo sia "Chi", molto
interessante, insomma… il tizio con l'auricolare continua a
gesticolare e a parlare d'affari…
Chi sa perché è qui? Male sul lavoro, mal di schiena… troppi pesi, chi
sa magari è un muratore, oppure, perché no, vive in una casa senza
riscaldamento e ha l'influenza… intossicazione per qualche agente
chimico in fabbrica? Ma poi chi l'ha detto che ce l'ha un lavoro… o
una casa, che fa quando si sveglia? Cosa pensa… cavolo quante
banalità… la verità è che non ne ho la più pallida idea. Clandestini
davanti alla questura, case piene di gente ammucchiata in letti che
ospitano tre cinque persone a turno, lenzuola, se ci sono, sporche…
gruppi di maschi fermi alla stazione, all'angolo di una via che mi
salutano ammiccanti che guardano il culo di quella che è passata
prima… qualcuno in un kebab… istanti scollegati, luoghi comuni o
immagini che sfuggono e… per il resto nero.. non vedo sonno, non vedo
sorrisi, non scherzi, non vedo bagni, non vedo relax davanti alla tv,
non vedo un pranzo, una cena, una colazione, non vedo i minuti, le ore
che scorrono, si susseguono lente o veloci. Una volta per strada un
tizio nero, ventinove anni mi aveva salutata. Ho sempre pensato "ma
com'è che non capiscono che non attacca?", che se mi dicono "ciao
bella" peggiorano solo la loro situazione? Mah.. comunque quel giorno
stavo cercando una via e quindi già che il tizio mi aveva salutata gli
ho chiesto dove fosse e gli ho detto per liberarmene che mi aspettava
mio padre, ma non ha funzionato e il tizio ha deciso di accompagnarmi
per la strada. Mentre mi parlava, non so bene di cosa, lo guardavo..
tentavo di immaginare cosa ci facesse lui li in quel momento, in corso
Buenos Aires, di domenica pomeriggio. Dove vivesse, cosa facesse al
mattino quando si alza, che lavoro e… niente. Anche le possibili
banalità che si dicono di solito, che ti propinano alla televisione,
che senti dai vecchietti razzisti del quarto piano, dai volontari
fanatici, dalle signore di mezza età scomparivano davanti a quella
persona reale, con i suoi occhi vivi, i capelli rasati, la giacca
verde… niente, nero, vuoto totale. Allora ho cominciato a fargli
domande, dove vivesse, la giornata tipica, da dove venisse e mi
rendevo anche conto che tentava di capire perché gli facessi quelle
domande e nascondeva dei particolari, si contraddiceva… beh, in
effetti ora che ci penso stava tentando un approccio… naturale che
certi particolari si vogliano nascondere… chi cavolo lo sa cosa pensa
e cosa vuole una donna.

mercoledì 20 febbraio 2008

Incomprensibile

Oh no
Here comes that sun again
That means another day
Without you my friend

And it hurts me
To look into the mirror at myself
And it hurts even more
To have to be with somebody else
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away

With so many people
To love in my life
Why do I worry
About one

But you put the happy
In my ness
You put the good times
Into my fun
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away
And head for the door

We've tried the goodbye
So many days
We walk in the same direction
So that we could never stray
They say if you love somebody
Than you have got to set them free
But I would rather be locked to you
Than live in this pain and misery

They say time will
Make all this go away
But it's time that has taken my tomorrows
And turned them into yesterdays
And once again that rising sun
Is droppin' on down
And once again you my friend
Are nowhere to be found
And it's so hard to do
And so easy to say
But sometimes
Sometimes you just have to walk away
Walk away
And head for the door
You just walk away
Walk away
Ben Harper- "Walk Away"

domenica 27 gennaio 2008

Nuvole


Solita finestra, questa volta è mattina però... siamo a Gennaio e sembra Primavera, il cielo azzurro quasi senza nuvole. Ombre e piccole macchie di sole che luccicano sotto le piccole palme mosse dal vento leggero, freddo. Amo la notte perchè è come essere più vicini alla verità, come avere un quadro completo, di notte puoi intravedere il resto dell'universo, il cielo impolverato di stelle e ti rendi conto di quanto sei nulla e senza senso di fronte al tutto, quanto ogni piccola cosa, un litigio, una guerra, un amore, la filosofia, la storia non siano nemmeno una briciola, nemmeno un atomo in confronto. Il giorno, l'azzurro, il sole nascondono tutto questo, ti fanno sentire importante o almeno qualcosa, in un certo senso ti ridanno la speranza. Oggi nemmeno questo funziona, nemmeno quell'azzurro falso riesce a farmi trovare un senso, la voglia, una ragione per continuare, per tentare di trovare e mantenere ogni giorno un equilibrio che non esiste. Quando la stanza iniziava a ricomparire e sentivo rumore di tacchi provenire da sopra o dal corridoio di casa mia, la realtà era ancora parte delle immagini che scorrevano nei sogni di questa notte che nemmeno saprei dire quali siano stati; che giorno fosse...mattina, sera, pomeriggio, se fossi nel mio letto, nella mia stanza, in casa mia... non l'avrei potuto dire in quel momento. Ancora i tacchi... via turati, l'odore di caffè, profumo di mia madre in corridoio. Mi alzo lentamente, la vedo vestita e inizio a capire dove sono, mi ricordo della riunione a cui vuole andare, la vedo vestita di tutto punto, entusiasta. Non è convinta certo del P.D., la politica italiana è deprimente, ma lei pensa ancora che si possa, si debba fare qualcosa, che si possa partire dal basso, lavorare sulla mentalità delle persone, una per una, trasmettere i propri pensieri, i propri valori, le convinzioni. La guardo. Vedo un momento di ottimismo, come la luce che si vede sotto una porta chiusa di notte. Penso che, forse, vorrei andare anche io.. poi immagino la riunione, immagino le parole che si diranno e mi sembrano senza senso, so già quali saranno, mi sembrano retorica senza un riferimento alla realtà, mi sembra il cantiere abbandonato di un palazzo con un progetto eccezionale. Guardo mia madre e vedo il suo entusiasmo, vedo le lotte di un'intera vita e vedo che ancora non si è scoraggiata anche se per ogni miglioramento che c'è ci sono mille sciacalli che riescono a girare la frittata e creare il vuoto intorno ad un concetto, riescono a far rimanere la scatola di cioccolatini intonsa da fuori, bella, perfetta eppure svuotata da dentro, magicamente, senza che nessuno se ne renda conto. Cerco, scavo dentro di me eppure quell'entusiamo che di solito riesco a tirare fuori, non lo trovo... vuoto. Vedo libri enormi, interessanti, attraenti, ma ... enormi, tantissimi, pile infinite, vedo infinite giornate uguali, racconti di particolari amorosi, di litigi in cui cambiano i soggetti, ma le storie sono sempre uguali, vedo film con la stessa storia, canzoni solo d'amore, vedo uomini che appaiono, che mi fanno innamorare ogni volta di più e li vedo andare via, scomparire nel nulla... E ancora vedo progetti, voglio fare questo quest altro, voglio essere più sicura... Quello che vedo è un'eterna preparazione a qualcosa che non so nemmeno cosa sia, un'attesa infinita, ma di cosa? Qualcosa che non si realizza mai. In quel momento stamattina, mentre pensavo a tutto questo, proprio in quell' istante ho capito cosa avrei voluto rispondere ad Alberoni quando ho letto il suo articolo sulla gioventù vista come una massa di esseri insulsi, egoisti, senza valori e senza idee... Quando lo avevo letto mi era montata una rabbia incredibile, quello che volevo dirgli allora era non è vero! Io sono giovane e non sono così, io ho dei progetti, delle idee, so quello che voglio fare, so che voglio esserci, combattere l'entropia nel mio piccolo anche se il disordine ci sarà sempre! E così come me ci sono migliaia di giovani che semplicemente sono soli, isolati, ma ora lo so cosa voglio rispondergli, so cosa dire a questi intellettualoidi che sanno solo parlare, che credono di saper fare un'analisi perfetta, matematica, storica, dati oggettivi, prove!!!! Bisogna essere ciechi per dire che questi non valori vengono dal sessantotto, che questi imbecilli di giovani depravati, fannulloni sono i figli di un sessantotto. Vorrei dire ad Alberoni che si parla di persone, con una mente, con dei bisogni, soprattutto quello di avere una sepranza e non di dati oggettivi, non di leggi ben definite e comunque inventate. Quello che ha creato questa gioventù sbandata in alcuni casi, ma soprattutto sola non è il sessantotto, ma è la società, la sua organizzazione o meglio la sua disorganizzazione, come questa sia riuscita a risucchiare via la speranza ai giovani. Io studio medicina e qual'è la mia prospettiva? Di dover lecccare i piedi a qualche professore per poter entare in una specialità? Cosa devo fare per un esame? Studiare al massimo, capire, pormi domande e tentare di trovare una risposta, imparare e dubitae oppure fare la tesina impaginata su pagine lucide con sullo sfondo un'elegante stilografica, belle rilegate e con qualche immaginetta, ma senza concetti magari o con concetti copiati e incollati da qualche ipse dixit? Chi va avanti?

Pensate, queste sono le prospettive di una ragazza di vent'anni che punto primo ha la possibilità dio studiare, punto secondo, studia medicina, all'università, che, quindi, ha una fortuna immensa rispetto a moltissime altre persone. Queste sono le speranze che si possono avere: di non poter avere per merito, ma solo per raccomandazione, di dover dire quello che pensa qualcun altro per avere una voce in capitolo! Cosa pensa allora chi non riesce ad avere un lavoro se non, magari, per pochi mesi,chi vive per racimolare qualche soldo per arrivare a fine mese lavorando tutto il giorno dalle sette alle nove pulendo case, senza nemmeno la prospettiva di poter avere una famiglia? Questo è quello che avete prodotto voi politici, voi gente al governo che fingete di occuparvi dei bisogni e nemmeno vi riece più bene, nemmeno siete un gran che come demagoghi! Vi sorprendete poi se i giovani non fanno nulla e si trascinano da una "festa" all'altra, si drogano, bevono? Che speranza da una società del genere? Cosa possono trasmettere i genitori ai loro figli? E non parlo dei figli di papà, quei mostriciattoli viziati che popolano le scuole del centro di Milano, quelli non li prendo nemmeno in considerazione, quelli sono la versione negativa dei diamanti, ci sono in tutte le società, in ogni epoca, non spariscono mai e non variano nel tempo, comunque sono una minoranza (anche se purtroppo quella che poi, ironia, ha il potere)...

Mentre pensavo tutto questo mio padre è venuto a dirmi che oggi se ne andava, un altro litigio, un altro non parlarsi per giorni, settimane, ormai non ha neppure più importanza il tempo: questa vita sembra un trascinarsi inutile senza senso. Mi chiedo se ne valga la pena, perchè continuare... per un istinto che ci lega a questo mondo che a me, che sono una persona fortunata, ora, sembra comunque infernale. Tutto è un continuo prepararsi, un continuo attendere e nulla sembra mai avere una conclusione, tutto rimane in sospeso...

Mia madre torna dopo un'oretta, nessuna riunione, ma la POSSIBILITà di votare e anche di candidarsi, niente discussioni, idee nuove, proposte, ma pensa puoi votae per qualche sconosciuto che non sai nemmeno cosa pensi, questa è democrazia! Tutto questo sì che è entusiasmante!

Scopre che papà è andato via, per oggi, senza neppure dire dove ed ecco le stesse parole di ogni volta, di rabbia, ma per cosa? Non lo sanno neppure loro il motivo, è tutto un arrancare su vecchi rancori, vecchie speranze o no senza neppure speranze vecchie. Immagino di dirle perchè non vi lasciate, perchè non ve ne andate ognuno per la vostra strada e che stupida... mi viene da piangere, non perchè la mia famiglia si rompperebbe che comunque è una certezza che crolla, ma perchè li vedo fra qualche anno, magari io e mia sorella via da qualche parte... non so nemmeno dove e loro, ciascuno solo, totalmente senza neppure il via vai di gente che vedono ogni giorno, che racconta loro problemi, storie di vita o di istanti, di piccoli momenti. Nemmeno potranno più vivere la vita degli altri. Perchè? perchè ora non hanno speranza, perchè fra le mille difficoltà non riescono a vedere nemmeno un momento felice, perchè vedere un sorriso sulle loro labbra è un evento raro. E anche io oggi, davanti a tutto questo sento ancora più falso quell'azzurro e vedo la faccia nera della luna, vedo la luce che si distorce davanti ad un buco nero. Non vedo le stelle dal pozzo... chi sa magari sono solo coperte dalle nuvole o magari no.

mercoledì 23 gennaio 2008

Gocce di rugiada



Scrivere.. questa sera ho voglia di scrivere, sarà il vento fresco,
saranno le nuvole rosa nell'azzurro o le quattro stelle che si vedono
vicine o lontane dalla luna, sole nel cielo nero nero… Ci sono di
quelle sere in cui respiri l'odore del freddo e ti ricordi di momenti
passati, di attimi in cui hai sentito quello stesso mistero, una volta
sul tram di sera andando a teatro quando arrivi per la prima volta
nella piazza che diventerà parte della tua vita e non lo sai, quella
che tutte le volte che ci vai ti viene la malinconia, che tutte le
volte ti ricordi di quanto sei solo davanti alla luna grande, rossa in
quelle sere… la stessa piazza che di giorno è solo un grande spazio
pieno di alberi e di persone che vanno e vengono con le loro
preoccupazioni e di sera è vuota, c'è solo il pub davanti alla fermata
del tram con l'insegna gialla e il barista solo che si fuma una
sigaretta, c'è il rumore del vento, il sussurro delle foglie
accarezzate. Ho sempre pensato che tutte le volte che ci sarei passata
di sera, di notte, mi avrebbe ricordato della solitudine e dell'amore
insieme e invece anche lei mi ha sorpreso e ho scoperto qualcosa di
nuovo… Che strano quest anno.. questo periodo che neppure so definire,
questo periodo in cui penso a tutto e a niente, in cui un giorno ho un'
ossessione che mi tormenta e un giorno tutto si trasforma. Tutto è
diverso e uguale nello stesso tempo… Il tempo si distorce, a volte
corre, a volte sparisce e sparisce lo spazio e le preoccupazioni, i
doveri… sono come sospesa nella nebbia fra gli alberi, in una città
addormentata, deserta nel gelo, nel fumo piccante che brucia gli occhi
e la gola, nell'azzurro che sfuma, diventa blu dolce, profondo,
allegro, preoccupato, sincero… Cos'è tutto questo? Cos'è questa mia
droga? Una candela, un fiammifero nel buio, agli occhi sei barlume che
vacilla.
Leggo parole, infinità di parole, fiumi.. Amore, fantasia,
illusione, tristezza.. sapere e non sapere… perché vivo? Perché sento…
Sono sogni quelle parole, mesi, anni di sogni, mi sembrano gocce di
rugiada sulle foglie al mattino presto nel silenzio, ancora nel buio,
gocce che riflettono la luce gialla dei lampioni ancora accesi nel
cortile pieno di alberi, enorme… o il rumore tenue di una fontana che
muore nella notte… o il sussurro delle foglie mosse dal vento… sono
parole magiche, che ti fanno innamorare di un luogo, di una canzone, di
un momento che non hai mai visto, ascoltato e che non hai vissuto, ma
che diventa parte all'improvviso del tuo passato. E' strano che dei
piccoli segni su una pagina ti facciano entrare nella vita di una
persona, di un personaggio, ti facciano sentire nello stesso tempo solo
perché sono passate, inventate, sono di un altro, ricordi di cui non
fai parte e anche parte di un tutto, senti nello stesso tempo, insomma
che non sei solo, che qualcuno sente le tue stesse cose anche se in
modi, momenti diversi.. Che dire? Ho scoperto che si può ogni tanto non
essere soli.

"Comptine d'un autre été"- Yann Tiersen- Amelie
'' Pas
si simple''- Yann Tiersen- Amelie